Cos’è per me la Trans d’Havet? Me lo chiedo in continuazione, da tre anni a questa parte. Tre anni in cui, un pò timidamente, ho seguito con lo sguardo d’ammirazione di una bambina, questi temerari cavalcare le nostre Piccole (ma grandi) Dolomiti, chiedendomi in continuazione se mai sarei stata in grado di fare lo stesso.
Nel 2014 azzardo ad iscrivermi alla “corta” (se 40 km possono considerarsi “corta”…) e la gara viene annullata causa maltempo.
Quest’anno mi ero ripromessa di non fare gare più lunghe di 30/40 km. Una bella sera di metà maggio, il mio caro amico Alvin (che prima del canto del gallo, rinnegherò più di tre volte!!), riesce a trovare le parole giuste, la foto giusta, al momento giusto per carpire il mio punto debole nei confronti di questa manifestazione, e nel giro di 15 minuti, in un misto tra emozione ed imprecazioni, sono nella lista iscritti della Trans d’Havet 2015!!!
In un lampo arriva il 25 luglio, e sono catapultata al Palazzetto dello Sport di Valdagno, assieme ai miei compagni Fulminei, i Summano Cobras, che mi hanno adottata come “quota rosa” del team più assetato di km (e non solo…) del panorama trail!!! Briefing con me stessa, ho smesso da mò di chiedermi “cosa ci faccio qui??” perché stavolta la risposta è pronta in canna: SONO QUI PER RITORNARE A VALDAGNO. DOPO 83 DANNATISSIMI KM!
Ore 22.30 arrivano i pullman che ci portano a Piovene Rocchette. Come alle medie all’urlo di “TUTTINFONDOOOOO” invadiamo gli ultimi posti della corriera. Infilo le cuffie ed entro nel mio mondo, fatto di chitarre distorte e groove che hanno la cadenza dei battiti del mio cuore. A tratti lenti, regolari, decisi, a momenti instabili, fragili, emozionati per ciò che sto per vivere.
Ore 23.00 scendiamo a Piovene. La piazza è gremita, le musiche della sagra fanno da sottofondo al nostro palcoscenico. Siamo i protagonisti, e salutiamo amici e parenti venuti a darci una pacca sulla spalla prima della grande avventura. Sono vistosamente emozionata, devo sembrare rigida come una guardia inglese, perché tutti mi chiedono se sono agitata. “Noooooo, ma scherzi? Mi devo solo sparare questa ottantina di km in mezzo ai boschi, e con previsioni apocalittiche per la notte! Un normalissimo venerdì sera direi”.
I compagni Fulminei come sempre non ci fanno mancare il loro tifo indemoniato, il Presidentissimo sfoggia la bandiera della Muerte, foto di rito e siamo carichi come cartucce nel fucile, pronti ad essere sparati verso quella che sarà una delle edizioni più scoppiettanti (letteralmente parlando!!) della Trans d’havet.
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La Fulminea Mountain Lab - Summano Cobras |
L’urlo Cobras rieccheggia alle pendici del nostro monte Summano, di cui conosciamo ogni singola radice, potremmo perfino farlo senza frontale, ma per non dare nell’occhio decidiamo di utilizzarla.
Ore 00.00….tre, due, uno e si parte tra due ali di folla che manco al giro d’Italia ho visto. E qui ho un dejavu. Ho già vissuto questa partenza. Ma quest’anno sono io ad avere zaino, bastoncini, frontale e una tonnellata di grinta! Me ne sento addosso talmente tanta che….mi sa che ho esagerato con la Redbull. Dicono che metta le ali…a me sembra che abbia trasformato il motore di un’apecar in quello di un caterpillar. Con un urlo liberatorio saluto i miei compagni Cobras, e auguro loro una trans d’havet a suon di NONSIMOLLAUNCAZZO!!
Giro panoramico di Piovene, si esce dal centro e si imbocca un sentiero sulla sinistra che si congiungerà col sentiero dei Girolimini (che facevano un liquore che è tutto un programma!!!mmm….). L’euforia iniziale si placa e lascia spazio al silenzio e al ticchettio regolare dei bastoncini sui sassi, interrotto solo da qualche respiro profondo di chi deve trovare il proprio ritmo. La luce delle pile frontali illumina il terreno, mentre tutto attorno il bosco dorme. Guardo verso il cielo e mi esce spontaneo “Dai che su in cima alla croce i fotografi stanno preparando i flash fotografici” Ci dovrà pur essere qualche idiota che sdrammatizza!!!
La prima salita corre via veloce, la conosco praticamente a menadito, e in 1 ora e 43 sono in croce. Peccato che alla Chiesetta abbia iniziato a tirare un vento di tempesta e i “flash in croce” si siano intensificati in modo preoccupante. Mi metto l’antipioggia rosa (che fa fashion!) e mi preparo per il selfie di rito, ma cazzarola, non avevo considerato che a quest’ora non si vede una cippa!!! Guardo il cielo e stasera capisco che vedrò poche stelle, e tante saette. Sembra proprio che qualcuno stia facendo un rave lassù, mai chiamare eh?? Iniziamo a scendere per il sentiero delle Creste, croce e delizia del Summano, che già sono tremende da fare di giorno, figuriamoci di notte, col temporale e Zeus che gioca a tennis con la corrente elettrica. Imposto il navigatore in modalità “risparmio energetico”, sconnetto il cervello (cosa che faccio abbastanza spesso) e non penso che sto rischiando la pellaccia, in un bosco, di notte, con in mano due bastoncini in carbonio che fanno da parafulmine….massì. Tanto son già fulminata di mio, non può peggiorare la situazione.
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Rave party |
Al Colletto di Velo ha quasi smesso di piovere, ma non ci illudiamo. Rifornimento idrico e si riparte destinazione: Novegno! Si riprende a salire e dopo 10 minuti il cielo ci fa sentire nuovamente la sua presenza ingombrante. Evidentemente vuole proprio che ce la sudiamo questa TDH…così tanto che questa seconda volta ci rovescia addosso una quantità industriale di acqua, che a momenti mi devo costruire una canoa per risalire la corrente. Canticchio tra me e me “Sampei….Sampei, pescatore grandi orecchie a sventola…” ma devo essere particolarmente stonata oggi, perché improvisamente si fa giorno, vedo tutti i contorni della montagna e ben definita la serpentina di compagni d’avventura davanti a me. Chiudo gli occhi e provo a farmi piccina piccina, mentre in quel momento sento il cielo come se si stesse spezzando e un fulmine cade dritto in mezzo al bosco poco sotto di noi. Ok, forse è il caso di starsene zitta e non fare la gagliarda della situazione. Per almeno un’ora non apro bocca, e salgo lungo il sentiero cercando di ingannare la mente pensando a qualsiasi cosa che non sia la paura.
Passo del Gatto, Passo Campedello e finalmente a Busa Novegno inizio a vedere la luce in fondo al tunnel. No, non ci sono cantieri su al Novegno. Ad un certo punto la pioggia si fa meno intensa, la musica techno che batte in cielo si sta spostando verso la pianura e spengo la frontale per gustarmi il momento. Guardo avanti a me, verso dove siamo diretti e i miei occhi vedono un cielo stellato, che in quell’istante è la cosa più magica che io potessi vedere. Mangio qualcosa al ristoro e riparto immediatamente, impaziente di affrontare una seconda parte di nottata, senza il timore che il mio lato B venga preso in pieno da un fulmine! E inizio a correre, la discesa verso il Colletto di Posina è un bosco pieno di radici, ma la conosco bene, perché nel mio breve passato da montanara, l’ho fatto svariate volte.
Finalmente arrivo al tanto agognato Monte Alba, terza difficoltà di oggi. Tutti me ne hanno parlato come un monticello rabbiosissimo che spacca le gambe, a me è sembrato un parco giochi dove fare addestramento per diventare Marines…ehm…Cobras! Sono talmente affamata che divoro strappetto dopo strappetto, finchè spengo la frontale perché inizia ad Albeggiare.
L’apoteosi: L’Alba sul monte Alba (cit. Alvin). Rimarrà negli annali.
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Foto By Ale |
Sono un orologio svizzero, alle ore 6.00 sono a Passo Xomo, i miei occhi si riempiono di gioia alla vista della crostata, ne divoro un pezzo, faccio il pieno di Adrenaline, mi cambio la maglietta e riparto verso le 52 Gallerie del Pasubio con il passo gagliardo da bersagliere, mi manca solo il cappello con il piumaggio nero poi sono perfettamente calata nella parte. Non sono ancora conscia però di quello che mi attenderà di lì a breve. Zampetto chiacchierando col Sindaco in pappillon (personaggio esilarante conosciuto all’Infinity Space!) e iniziamo la strada delle 52 Gallerie. Sono le 06.20 e, nonostante la giornata non troppo limpida, dopo la nottata appena trascorsa, le vedo più belle che mai. Inizio a contare le gallerie, ma l’effetto è come quando conti le pecore, inizio a vedere nebbia attorno a me. Il problema è che non è nebbia, sono io che mi sto addormentando!! Il passo si fa pesante, il respiro affannoso e piano piano saluto i miei compagni di avventura ed entro in un tunnel che durerà 1 ora e 50, quando i miei occhi vedranno il Rif. Papa, quasi come una visione paradisiaca.
Dopo aver trangugiato una barretta ai cereali, ritorno un essere umano in grado di pensare, e di muovermi nello spazio e nel tempo (no, questa è una cazzata). Però riacquisto coscienza del mio corpo (dolori compresi) e mi fiondo giù per la Strada degli Eroi. Il sole mi illumina la via, entro in trance e volo (letteralmente) verso il pian delle Fugazze.
Sì, volo proprio. Infatti presa da un raptus discesista, credendo di essere Emelie Forsberg (sbagliandomi di grosso) scivolo sul terreno instabile e plano col mio lato B giù per terra, rotolando verso Sud. Tento invano di fermarmi col piede destro, e nel movimento molto poco atletico mi parte un crampo al polpaccio e guaisco come un cagnolino a cui hanno pestato la coda. Risultato: EPIC FAIL!
Mi rialzo, mi scrollo di dosso quei due chili di terra che mi ritrovo fin sopra i capelli e riparto. In quel momento reincontro il Sindaco, che mi aspettava su al Rif. Papa per una birretta mentre io tiravo dritta presa dalla foga (eh, birretta alle 8 di mattina, sempre sta fatta!). Gli dico che mi è partito un supercrampo mentre provavo ad esercitarmi per i prossimi mondiali di tuffi e mi fa “baby, ho io quello che fa per te” e mi lancia una fialetta di Magnesio puro. Per la serie “non accettare caramelle dagli sconosciuti” la butto giù come se fosse una vodka alla menta, e il crampo passa istantaneamente. Da lì in poi il Sindaco sarà il mio pusher di fiducia.
Arriviamo al Pian delle Fugazze dove ci aspetta una minestrina calda calda che darà una svolta alla giornata. E’ così calda che il mio vicino di panchina la allunga con dell’acqua copiando la sottoscritta (che genio!). Peccato che la sua acqua sia frizzante, e la sua smorfia non la dimenticherò facilmente, sembrava avesse ingurgitato olio di ricino! Robe che quasi casco dalla panchina dalle risate, l’umore risale a livelli endorfinici, ho perso nuovamente di vista il mio compagno di viaggio….SINDACOOOO SARAI MICA A FARTI UN’ALTRA BIRRETTA??? Incrocio Emme, in veste di fotografo (cazzarola, potevi fare il tempone oggi!!!) perchè ha lasciato la caviglia giù per un sentiero la scorsa settimana!! (vedi di rimetterti in sesto per le Ande, sai fratello??), faccio per ripartire e chi vedo arrivare?? I miei amici Bonollo&LigheSenior+Junior che bella sorpresaaaa!!! Una pacca sulla spalla (devo puzzare veramente come un cane!!) e mi accompagnano fino all’imbocco del sentiero che mi porterà su fino a Selletta Nordovest. Tutti ad imprecare perchè è una salita rognosa come la peste, soprattutto dopo 40 km…..io imposto la modalità “caterpillar” (=lento e dannatamente costante), e scavalco anche la selletta (questa è fina eh…)!! Prossima tappa: Campogrosso!
Appena scorgo il rifugio e il gazebo allestito per i nostri Cobras, un urlo squarcia l’aria: MARCELLOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!! Che visione!!! Marcello con i nostri zaini per il cambio (solo i TROP runners ce l’hanno!!!), Stefano che ahinoi ha dovuto abbandonare la 40 km (coraggioso comunque a partire dopo esserti tolto i punti!!) e il Taglia, che oggi viaggia a risparmio energetico e va avanti a frutta e verdura (ti stimo, fratello!!). Quasi mi commuovo mentre faccio uno striptease in piazza a Campogrosso, finalmente indosso qualcosa di asciutto (dopo 55 km si è un pò sensibili eh…..anche ad un paio di mutande asciutte!!!). Però una cosa devo dirla ora….questi ragazzi meritano un monumento!!! Cobras, vevojoben!!! Riparto assieme al Taglia e a Marcello che ci scatta l’ultima foto prima di salutarci, lui andrà in direzione Valdagno, noi in direzione…..BOALE DEI FONDI!!!
All’imbocco ci casca la mandibola. Ma quei puntini lassù in alto, sopra le nostre teste…..sono persone??? Una serpentina infernale, che non lascia scampo, su di lì bisogna andare. Scambiamo un cespuglio per una persona, “Taglia, non è un buon segno, sai??” eppure riusciamo con la nostra costanza (che poi, chi azzo è sta Costanza?!? Bah) ad arrivare in cima al Fraccaroli alle ore 13.23.
La cima più alta di giornata è fatta, direi che ci siamo. Credici!
Tappa allo Scalorbi, con birretta e tonnellate di crackers con i pomodorini (la nuova frontiera del doping!), momento di public relations con Emanuele Frisoni venuto a farsi una corsetta in Carega e….chi vediamo? Andrea Cadel: stoico amico dell’Atletica Vicentina, che non molla un cm, viene avanti come un condor! Facciamo un pezzo con lui ripartiti dallo Scalorbi, poi lo lasciamo proseguire, ha il passo infuocato! Ci rivedremo più avanti amico! :)
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Sosta Scalorbi |
Vi risparmio la descrizione dell’orticata che mi son beccata sulle chiappe imboscandomi per i miei bisogni fisiologici dietro un pino mugo…(ma ci sono le ortiche fino a quelle altitudini??bah!!), ho camminato male per venti minuti, e il premio “colliona” me lo sono meritata pure oggi.
L’ultima cima di giornata, cima Marana, si è fatta a lungo attendere, sembrava di essere in un loop e di rifare sempre lo stesso percorso, tutto un saliscendi maledettamente in cresta, senza vedere quando finiva. Nel frattempo mi aveva abbandonata sia il Garmin, sia il lettore mp3, che, ovviamente, avevo lasciato acceso dopo averlo ascoltato in pullman, pertanto...batteria a terra. Vai a fidarti della tecnologia (o del mio cervello!).
Finalmente scorgiamo una croce, ed è proprio lei! Cima Marana. Da qui in poi tutta discesa!!! Fosse facile! Per fare i primi 3 km ci mettiamo un’ora! Corde fisse, terreno instabile, radici, ohhhh ma siamo matti dopo 70 km far sti scherzi? C’è chi è sensibile!! (sta storia della sensibilità funziona quasi sempre!!)
All’ultimo ristoro, dopo il pieno di crackers coi pomodorini (il mio nuovo piatto preferito) chiediamo timidamente…”quanto manca?”...la risposta ci pietrifica “ah, mancheranno 8/9 km...un paio d’ore e siete giù”. Io guardo l’ora, son le 20.00, mi sto per sentire male se penso che dovrò riutilizzare la frontale. NoNoNoNo, non ci sto.
Guardo il Taglia che mi fa “non esiste che due Cobras ci impiegano due ore a fare 9 km. Si va giù a canna!” Sarà una delle decisioni più sofferte, ma seguo il Taglia, mi piazzo a ruota e andiamo giù come dei cacciabombardieri kamikaze, come se non ci fosse un domani, come se io non dovessi andare in Perù e lui fare la TDS… Provateci voi a correre dopo 74 km a tutta. E’ come passare attraverso una miriade di aghi che ti infilzano ad ogni minimo movimento. Ma non c’è tempo per pensarci, stacco il cervello e giù a piombo. Neanche la visione paradisiaca di due piscine giganti (chissà se c’erano veramente!) ci fa rallentare il passo. Superiamo almeno una quindicina di atleti che passeggiano quasi rassegnati a farsela tutta camminando, e realizzo l’immenso potenziale di due Cobras quando si spronano a vicenda. Cazzo, siamo uno squadrone!
Finalmente il cartello indica Valdagno, e noi ormai voliamo verso il nostro personale traguardo. In centro tutti applaudono, e ci guardano con ammirazione. La passerella è tutta nostra, e corriamo fino all’ultimo metro, fino a quel fatidico “biiiiip” che ci fa capire che è FI-NI-TA! La TRANS D’HAVET è TUTTA NOSTRA!!!
Ci guardiamo….sfatti ma soddisfatti, un abbraccio a Pollo e un “gimmefive” al fratello Taglia. Perchè alla fine ciò che conta non è il tempo. Ciò che veramente è importante è rincorrere i propri sogni, anche se devi attraversare 7 monti, di notte, col temporale, coi fulmini, col mal di gambe.
Vale SEMPRE la pena uscire dal proprio recinto di sicurezza. Non sai cosa puoi trovare, ma sicuramente corri il rischio di trovare la vera FELICITA’.
Grazie TRANS D’HAVET, arrivederci al 2016.